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Ecologia e ambiente

Elephant Nature Park: il paradiso degli elefanti

Oggi niente ricette, parleremo di uno degli animali più intelligenti e sensibili al mondo, gli elefanti.

In quest’ultimo anno ho passato molto tempo a leggere e ad informarmi sulla vita di questi animali splendidi che, ammetto, conoscevo pochissimo.

Navigando su Instagram ho scoperto l’esistenza dell’ Elephant Nature Park, un santuario in Thailandia dove vivono elefanti che un tempo erano destinati al trasporto umano e al “divertimento”. Le incredibili foto di questi giganti gentili insieme alla fondatrice del santuario, Lek Chailert, di cui vi parlerò tra poco, mi hanno molto colpita e ho voluto approfondire la loro conoscenza.

Prima di tutto, forse lo sapete già, ma esistono due specie di elefanti, quello africano e quello asiatico ( a loro volta nelle due categorie vi sono ulteriori specificazioni, ma limitiamoci a questa macro classificazione).

Distinguerli è molto semplice! Quelli africani:

  • hanno orecchie molto più grosse, che usano per sventolarsi e trovare un po’ di refrigerio durante i periodi più aridi, mentre quelli asiatici vivono a temperature più basse, quindi hanno padiglioni auricolari più piccoli
  • sono più grossi di quelli asiatici
  • hanno tutti le zanne, mentre nei loro cugini asiatici solo i maschi le possiedono
  • hanno una schiena liscia,  a differenza di quello asiatico che ha un dorso spiovente

Una foto penso che vi chiarirà ogni dubbio!

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Elefante africano
Elefante asiatico

Fatta questa breve (e incompleta) introduzione, la brutta notizia è che l’elefante Asiatico è ufficialmente una specie in via di estinzione, potendo contare su unicamente circa 30.000 esemplari. In paesi come la Thailandia, la progressiva deforestazione ha notevolmente ridotto il loro habitat naturale e quelli che sopravvivono non se la passano molto bene.

Infatti, nei paesi asiatici (Thailandia, India, Sri Lanka..) esistono numerosi campi in cui questi animali vengono addestrati con la forza a trasportare turisti, disegnare con la proboscide, ballare sulle zampe. Queste attrazioni sono molto frequentate da turisti occidentali e per i thailandesi costituiscono quindi una fonte di reddito.

L’addestramento inizia sin da quando gli elefanti sono cuccioli e molti di loro non vi sopravvivono. Infatti, durante il periodo del Phajaan, un rito che dura alcune settimane, l’elefante è sottoposto a torture in cui vengono utilizzati uncini, coltelli e chiodi, che servono a rendere docile e sottomesso l’animale. Quelli che superano questo primo ostacolo, sono costretti a lavorare per decenni in condizioni atroci, senza soste, per poter generare il massimo profitto.

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Benché l’elefante ci sembri un animale possente, in realtà non può sopportare pesi eccessivi sulla schiena per troppo tempo, e anche certe acrobazie che vengono loro richieste non fanno altro che danneggiare le loro articolazioni. Per rendere ai turisti il viaggio più confortevole, sulle loro schiene viene spesso posizionata una portantina, che lacera la loro pelle creando ferite ed infezioni. Inoltre, un elefante in natura ha bisogno di circa 300 kg di cibo, che in questi campi i proprietari non possono permettersi di procurare loro.

Di conseguenza, gli elefanti sono stremati e nervosi; talvolta si imbizzarriscono provocando incidenti, anche mortali.

Le sofferenze non sono solo fisiche.

Gli elefanti sono tra gli animali più intelligenti che si conoscano.  Numerosi esperimenti e la loro osservazione ci hanno fatto scoprire che sono abili utilizzatori di strumenti, sono fortemente empatici, hanno una struttura sociale complessa e molto probabilmente hanno coscienza di sé, avendo superato il test dello specchio.

In natura le femmine vivono in gruppi in cui si prendono cura dei loro piccoli, e le più anziane matriarche trasmettono le loro conoscenze, indispensabili alla sopravvivenza, agli altri esemplari.

Negli anni ’90, una coraggiosa donna thailandese, Lek Chailert, ha creato nel nord della Thailandia un santuario dove gli elefanti, reduci da anni di schiavitù, possono finalmente essere liberi e, per usare un’espressione della fondatrice “tornare ad essere elefanti”. Dalla sua fondazione ad oggi, è riuscita a salvarne oltre 200 , non senza incontrare ostacoli e resistenza anche da parte delle autorità, come spesso capita a chi osa ostacolare tradizioni decennali, seppur barbare.

In questi giorni Lek sta promuovendo in Europa il film “Love and Bananas”, un documentario che racconta proprio il salvataggio di un elefante e il suo viaggio fino al santuario. Vi consiglio davvero di vederlo, imparerete tantissimo su questi animali ma soprattutto vi emozionerete a vederli liberi e felici, dopo anni di sofferenze.

Ecco il trailer:

Uno dei miei sogni sarebbe visitare l’Elephant Nature Park, che è aperto ai turisti e anche ai volontari ! Sul sito troverete tutte le informazioni se per caso state programmando un viaggio proprio in Thailandia.

Nel frattempo, ciò che potete fare a distanza è adottare un elefante, cosa che ho fatto! Sul sito potete conoscere i vari elefanti presenti e le loro storie e sceglierne uno. Naturalmente, si tratta di un’adozione simbolica in quanto il ricavato sarà utilizzato per le varie necessità del parco: molti animali arrivano in pessime condizioni di salute e hanno bisogno di cure veterinarie.

Ecco la signora elefantessa che ho adottato, insieme alla fondatrice del parco:

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Cos’altro potete fare?

  • Non cavalcate gli elefanti e non date soldi a strutture in cui sono in catene o si esibiscono! In Thailandia esistono parchi e santuari dove potrete conoscerli (sono abituati alla presenza umana quindi sarete a stretto contatto con loro, con la supervisione dei gestori), nutrirli, passeggiare con loro ed è un’esperienza mille volte più arricchente rispetto ad osservarli in catene mentre fanno cose del tutto innaturali !
  • Diffondete la parola anche alle persone che conoscete, mostrate loro le immagini e i video, e fate loro conoscere l’Elephant Nature Park
  • Se ne avete la possibilità, adottate un elefante (è un’ottima idea regalo!) e contribuite alla sopravvivenza di questo incredibile santuario.

Vi lascio con un video che mi commuove sempre: una delle mascotte del parco, Faa Mai, che ha instaurato un legame speciale con Lek e si addormenta con le sue ninna nanne.

“Non c’è bisogno di un uncino per controllare un elefante. Lo si può guidare con amore…e banane.” Lek Chailert

Bibliografia:

  • Matriarchs As Repositories of Social Knowledge in African Elephants; Karen McComb, Cynthia Moss, Sarah M. Durant, Science  20 Apr 2001
  • Self-recognition in an Asian elephant, Joshua M. PlotnikFrans B. M. de Waal, and Diana Reiss,

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