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Ecologia e ambiente

E i pesci?

Ah sei vegetariano? Ma il pesce lo mangi?

Alzi la mano chi si è già sentito fare questa domanda!

Per qualche motivo, quando si parla di alimentazione vegetale molti fanno la distinzione tra animali terrestri e acquatici: a torto!

La domanda “ma il pesce lo mangi?” nasce da una serie di equivoci.

Il primo è che chi sceglie di diventare vegetariano o vegano lo faccia solo per motivi di salute, e che quindi escluda dalla propria alimentazione solo le carni rosse (probabilmente cancerogene secondo la classificazione dello IARC) e la carne lavorata, come salumi e salsicce (sicuramente cancerogene secondo la citata classificazione).

In realtà, dietro a tale scelta nella maggior parte dei casi vi sono motivi etici (evitare la sofferenza animale) evidentemente incompatibili con il mangiare carne di qualsiasi tipo essa sia, di animali terrestri o marini e motivi ecologici.

Il secondo equivoco è che i pesci non abbiano intelligenza, non sentano il dolore, non capiscano.

È sicuramente più facile provare empatia per un agnellino che per un merluzzo, sono d’accordo! Però la vita è pur sempre vita e la mia opinione è che meriti rispetto, quale essa sia.

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I pesci sentono dolore?

Indubbiamente, si tratta di una domanda a cui è molto difficile rispondere, in quanto  gli esperimenti necessari a stabilirlo spesso incontrano comprensibili limiti etici, comportando la somministrazione ai pesci di stimoli dolorosi, sostanze velenose, ecc.

Il più recente studio che ho trovato in materia, (trovate i riferimenti in bibliografia) conclude dicendo che è altamente probabile che non vi sia alcuna differenza tra un pesce ed un vertebrato nella percezione del dolore e nelle capacità cognitive.

Ad esempio, i pesci hanno una buona memoria, manifestano comportamenti sociali come la cooperazione, sono in grado di svolgere più compiti contemporaneamente grazie alla lateralizzazione cerebrale, che si credeva competenza esclusiva degli esseri umani.

Penso che possa bastare per dire che mangiare un pesce e mangiare una carota non sia la stessa cosa!

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Perché pescare è un gesto anti ecologico?

Dal punto di vista ecologico, la pesca sta letteralmente distruggendo gli ecosistemi marini in maniera spesso irreversibile.

Ad oggi (dati aggiornati circa ad un’anno fa), le specie marine sovrasfruttate dalla pesca rappresentano l’85%, e negli ultimi 50 anni la popolazione acquatica si è ridotta di circa il 34%. Tra  le specie a rischio troviamo alcuni tipi di squali, come la verdesca, alcune specie di razze, il nasello e molte altre.

Se pensate che la scomparsa di una specie sia un evento trascurabile, sappiate che ognuna di loro è risultato di milioni di anni di evoluzione e che la sua scomparsa ha conseguenze su tutto l’ecosistema cui appartiene.

Ad esempio, la scomparsa di una specie può comportare un aumento degli esemplari di un’altra specie che di essa si nutriva o, al contrario, la proliferazione incontrollata di specie che costituivano il nutrimento della specie scomparsa.

Le alterazioni che comporta la scomparsa di una specie sono numerose e non sempre prevedibili. Diciamo che quando il delicato equilibrio viene alterato, avviene a nostro rischio e pericolo.

Come se non bastasse, la pesca industriale non uccide solo i pesci!

Ad esempio, le cosiddette reti a tramaglio uccidono ogni anno, oltre ai pesci, anche 400 mila uccelli, vittime accidentali della pesca industriale.(dati raccolti in uno studio pubblicato da Ramunas Žydelis e diffuso nel nostro Paese dalla Lipu-BirdLife Italia).

I tramagli sono reti fisse utilizzate in gran parte nella pesca costiera e realizzate in pregiato nylon che le rende invisibili. Gli uccelli marini vi rimangono spesso impigliati e annegano mentre inseguono le loro prede sott’acqua. Oltre a loro, tra le reti invisibili rimangono impigliati spesso anche i delfini, le tartarughe, le foche. Si tratta del fenomeno del cosiddetto bycatch, o cattura accidentale.

Secondo fonti FAO (Food and Agriculture Organization of the United Nations),  la quantità di pesce che ogni hanno viene pescata ammonta tra 90 e 100 milioni di tonnellate e il 70% delle specie ittiche negli oceani è sfruttato o esaurito.

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L’allevamento di pesci può essere una soluzione?

Assolutamente no!

L’acquacoltura infatti comporta:

  1. La distruzione delle zone costiere per fare spazio agli allevamenti
  2. L’immissione in mare di una quantità spaventosa di rifiuti, di scarti di medicinali somministrati ai pesci (antibiotici)
  3. La diffusione di malattie che insorgono negli allevamenti ittici a causa del sovraffollamento in pesci sani che vivono nelle zone circostanti, fuori dall’allevamento e che non potranno curarsi
  4. La pesca di animali selvatici che servono a nutrire gli animali da allevamento

Ora capite meglio perché non è esagerato dire che mangiare pesce è anti ecologico quanto buttare la spazzatura dalla finestra?

Non si tratta solo di voler rispettare la vita nei mari, ma anche la nostra, perché senza vita nei mari, la nostra specie non può sopravvivere.

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Bibliografia:

  • Aquaculture: global status and trends, di John Bostock, Brendan McAndrew, Randolph Richards, Kim Jauncey, Trevor telfer, Kai Lorenzen, David Little, Lindsay Ross, Neil Handisyde, Iain Gatward and Richard Corner Published:
  • Rivista Natura.com https://rivistanatura.com/sovrapesca-mari-collasso/
  • Animal cognition https://link.springer.com/journal/10071

Gli acquerelli sono di Mila World Design.

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